La contestazione disciplinare

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Capitolo 4

La contestazione disciplinare 

Il direttore del punto vendita cambia ogni due anni, pertanto, nel momento in cui lui inizia ad avere fiducia nei tuoi confronti viene sostituito da quello nuovo e tu sei punto e a capo. 

Quell’anno arrivo’ direttamente da Marte. Grigio, bassino, dalla testa deforme, aveva il dono di leggerti nel pensiero e se avevi fatto una cazzata lui lo sapeva. La sua capacità comunicativa, nonostante la poca eloquenza, era magistrale. Bastava guardarlo negli occhi per capire cosa dovevi fare. Se poi alzava il braccio a 179 gradi dalla scapola destra non era perché voleva schiaffeggiarti piuttosto voleva indicarti che il cartello della pasta indicava il prezzo in promozione e quindi andava cambiato perché non era più in promo. 

Aveva il dono dell’ubiquità, lo trovavi ovunque, nel momento in cui stava seduto sulla sua bella poltrona dirigenziale in pelle color cachi lo vedevi controllare le scadenze dei cereali in scatola. Col suo inconfondibile completo mezzo tempo marrone lo vedevi sbucare dalle corsie con la sua andatura alla Messi in Champions League. 

Rigoroso ma gran lavoratore. Peccato però che non fu capito. In quel periodo medici e psicologi della città conoscevano l’organico del punto vendita. Cominciammo tutti ad avere malesseri fisici e mentali. In fondo, era una specie di vampiro energetico, quello che ti risucchia perfino la cartilagine e ti lascia quattro ossa e un paio di legamenti giusto per consentirti di camminare. Peccato che non ha pensato alla mia cellulite in eccesso. Quella mi è rimasta tale e quale. 

Il momento in cui ti trovavi seduta di fronte la sua scrivania era per due motivi, o avevi fatto una cazzata o dovevi sottoporti al giudizio e della “valutazione annuale”.

La “valutazione annuale” è uno di quei momenti in cui tu pensi di essere dal chirurgo plastico e pretendi il miracolo di Padre Pio. 

Solo quando terminano quei trenta minuti di tortura egizia varchi la soglia della direzione come la consorte di uno dei sovrani della dinastia tolemaica. 

Entri nella sala pausa gonfia come un palloncino ad elio rappresentante Magica Creamy e dici:

“Bella valutazione quest’anno!” 

E li’, sfidi le tue colleghe, tocca a loro entrare nella stanza degli orrori. Naturalmente, sicura del fatto che ci sei già stata dici:”Tranquille, non è come sembra!”.

Ad un certo punto senti la voce del marziano che urla il tuo nome e ti invita a rientrare in direzione.

“Signorina, mi è appena arrivata questa comunicazione dall’ufficio del personale. La legga e me la firmi per conoscenza.”

Avete presente quando Puffetta si nasconde dietro un fungo rosso con le palline bianche da Gargamella? 

Era una contestazione disciplinare. Quella volta in cui dimenticai il cellulare in tasca e la suoneria comincio’ a rimbombare in tutto il punto vendita come se avesse il volume uguale ad una cassa acustica utilizzata nelle feste di piazza. Lui era nella corsia del tonno e senti’ tutta la canzone del film dei Goonies che utilizzo come suoneria. Mi sbucò davanti, feci in tempo a lanciare il cellulare in una pianta di geranio rinsecchito. Mi vide, ma non disse nulla. Verba volant, scripta manent.

Maledetti call center che ti chiamano a tutte le ore. Mi costò tre giorni di lavoro parzialmente retribuito senza il versamento dei contributi pensionistici. Ma soprattutto, persi quel poco di fiducia che a stento ero riuscita a racimolare nei confronti del direttore. 

Quell’anno infatti, il Premio Nobel, che avevo conseguito l’anno prima, per aver salvato le uova Kinder da un perfido gattino e che mi aveva regalato una protesi alla mano destra, fu dato al collega del reparto pasta che riuscì ad acchiappare un passerotto nel punto vendita con la stessa nonchalance di Moira Orfei con le sue colombe. 

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