“Sarà stato una parentesi” di Adriana Toman, edito da Rubbettino Editore parte dalla narrazione in chiave “bitter and sweet” di una fase della vita di Aurelia e Armando, una coppia di imprenditori di mezza età costretti a chiudere l’impresa a causa della crisi non solo economica ma di sistema.
Questo è il primo romanzo di Adriana Toman, che sinora aveva scritto solo per il teatro e che ha al suo attivo tra l’altro “Trilogia Gioachimita”, edito sempre da Rubbettino, tre opere teatrali ispirate alla figura di Gioacchino da Fiore, presentato nel corso di un programma a Radio Vaticano, alla Biblioteca Angelica di Roma, al Salone del Libro di Torino e al Festival du Cinema di Cannes.
“Sarà stato una parentesi” è ambientato in Calabria e prende spunto dalle vicissitudini di due imprenditori per raccontare, non senza ironia, la difficoltà in cui ci si ritrova a dover cambiare lavoro a cinquant’anni.
L’infinita serie di trappole messe in atto dalla burocrazia, dalle banche, dalle pubbliche amministrazioni che non pagano nei tempi dovuti, declinate con la rigidità del sistema fiscale, in una giungla di permessi e certificazioni che diventano ricatti istituzionali, fanno delle imprese carne da macello, trascurando il ruolo determinante che queste hanno nel creare opportunità di lavoro. Il tema centrale è quello delle persone di mezza età che rottamate senza tanti scrupoli dal sistema, si ritrovano smarrite a dover affrontare un rinnovamento di cui si ha tanta paura e che non sempre riesce.
La Toman ci consegna uno spaccato di vita autentico e drammaticamente paradossale, ambientato in provincia di Cosenza ai nostri giorni.
Il disagio che si vive nel dover smantellare tutto ciò che si è costruito e in cui si è creduto per adattarsi a nuove regole, non sempre facili da accettare. Così per vivere Aurelia, la protagonista, si ritrova a lavorare in un Call center. In quel contesto la sua vicenda si intreccia con quella di altre donne, non più giovani e di vari livelli sociali. Si aprono così i racconti di altre vicende: quella di Ester e Marco, con il loro cavallo Mousy; quella di Caterina e Artemisia, due donne che si incontrano in quell’ambiente e che si ritroveranno ad unire le loro rispettive vulnerabilità. Quella di Armando che grazie ad un suo personaggio immaginario entra nella solitudine di tanti bambini, figli di genitori troppo impegnati, trovando così la forza di reagire alla depressione in cui ha rischiato seriamente di venire risucchiato.
“La luce non passa se le imposte sono chiuse” – ci rammenta la scrittrice – nel tentativo arduo di aprire quelle imposte e far filtrare i raggi solari per dare un segnale di ripartenza, quanto mai necessario adesso, in questa inimmaginabile fase in cui ognuno, nel post Covid, deve dare prova di resilienza come mai prima d’ora.
Qualunque cosa accada bisogna resistere per ricominciare ad esistere.
E forse occorre smettere di farsi “tante domande e non giudicare le cose su come sono e come dovrebbero essere” perché “le cose sono innocenti” come ci suggerisce Sandro Veronesi nel suo ultimo romanzo “Il Colibrì”.
Dalla penna delicata e incisiva di Adriana Toman scopriamo solo nel finale il senso del titolo dell’opera.
“Nella storia dell’umanità non ha mai prevalso ciò che era giusto, ma quello che era conveniente al più forte”. In questa frase è suggellata una critica sferzante ai tempi, alla società odierna che “nei giovani non ha visto una risorsa, ma un problema a cui non è in grado di dare risposta”, alle dinamiche umane e lavorative, al predominio della burocrazia e delle banche, a tutto quello che schiaccia l’essere umano. Cosenza, con il suo centro storico, con il fascino della fatiscenza che nel suo incedere preserva da imperdonabili errori estetici, è lo spazio in cui si articola parte del racconto e dove si realizza la via d’uscita dalle difficoltà per l’intero gruppo di persone accomunate da una dignitosa resilienza. La tecnologia, a cui i protagonisti sono costretti ad approcciarsi nella mezza età, diventa il vettore per un rinnovamento e per la creazione di una inimmaginabile uscita di sicurezza.
ADRIANA TOMAN
Giornalista, regista e scrittrice.
Come giornalista televisiva ha lavorato per oltre 20 anni per emittenti televisive locali, con la WDI e con TEN curando testo e regia di innumerevoli documentari culturali realizzati per diffondere la conoscenza del territorio calabrese. Ha iniziato nel 1977 a scrivere per il teatro, creando testi teatrali per ragazzi di cui ha curato gli allestimenti. Nel 1981 ha messo in scena un suo testo sperimentale di teatro danza “Conclusione”, con musiche originali di Enzo Filippelli e con il danzatore statunitense Grant Mc Daniel.
Con il Consorzio Teatrale Calabrese da attrice ha preso parte a produzioni teatrali con Cherif, Roberto Guicciardini con Ludovica Modugno, Maria Paiato, Paolo Ferrari, Lando Buzzanca, Marina Malfatti, Massimo Serato, Edoardo Siravo, Gazzolo. Grazie al sodalizio artistico con Vincenzo Ziccarelli è stata protagonista di testi scritti o riadattati per lei dal drammaturgo scomparso al fianco di Giovanni Turco e Marco Silani. Ha lavorato come aiuto regista negli allestimenti di opere liriche quali “Andrea Chenier” di U.Giordano con la direzione del Maestro Franci e di “ Ecuba” di Maurizio Quintieri.
A New York ha curato la produzione di concerti con la grande interprete blues Amy Coleman tra il Theatre for the New City, Indigo Blues e Window of the World, al World Trade Center. Ha preso parte ad “Opera” il “Galà d’Oro” di Fieracavalli a Verona nel 2013, con la regia per una coreografia che ha coinvolto danzatori, cavalli e cavalieri.
Ha curato la regia di innumerevoli documentari tra cui l’ultimo “Gioacchino da Fiore profeta della globalizzazione” e di opere teatrali tra cui “Mio Cognato Mastrovaknich” di Ciro Lenti, di “Francesco e il Re” di Vincenzo Ziccarelli, di “ La Confessione”, “Davanti alle mura di Gerusalemme” e il “Dono del male” tratti dalla sua “Trilogia Gioachimita”.