Intelligenza Artificiale

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L’intelligenza artificiale rappresenta il futuro, ma forse già il presente.  Di seguito pubblichiamo una riflessione del neurologo Tommaso Barbiero.

La comprensione delle origini dell’intelligenza artificiale è indispensabile la conoscenza semantica del cervello umano.
Grazie a Socrate (VI sec.a.C.) si viene a conoscenza dei primi accenni sul sistema nervoso e sul suo funzionamento. Con Alcmeone da Crotone (VI sec. a.C.) si comincia a parlare di processi percettivi e l’individuazione nel cervello umano come sede dell’intelligenza. Più avanti, Ippocrate di Coo, sviluppò una medicina basata sull’osservazione clinico-semeiologica. Ma la vera rivoluzione scientifica fù con Aristotele, la Scuola Alessandrina (III sec. a.C.), Galeno nello sviluppo della neuroanatomia e neurofisiologia che diedero l’impulso alla progressione e all’evoluzione della scienza. Altri contribuirono alla crescita fino alla fine dell’ottocento-primi del novecento, allorquando Jackson, uno degli artefici dell’evidenza anatomo-patologica rapportata all’osservazione clinica e la correlazione con la biologia molecolare, affermò che il sistema nervoso può essere considerato come il “prodotto organizzato di strutture che si integrano tra di loro in successivi livelli di crescente complessità”. Grandi progressi si sono fatti, grazie alle nuove tecnologie, soprattutto di neuroimaging funzionale (RMN-PET etc.), fino a tracciare una sorta di mappa virtuale e correlarla alle funzioni cognitive.

SVILUPPO DEL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Miliardi di neuroni, contenuti nella sostanza grigia, elaborano, memorizzano le informazioni assieme alla sostanza bianca e ad altre componenti, in particolare le sinapsi che permettono le connessioni nervose per formare un’impalcatura, una rete che definisce l’architettura informativa e che supporta la funzione del cervello. Anche se tutte le connessioni nel cervello hanno la loro importanza, ci sono legami particolari che sono attori principali. In breve, miliardi di filamenti visibili al microscopio elettronico forniscono una immagine paragonabile, semplificando, a quella di un continente visibile di notte dallo spazio.
Al contrario, durante i primi mesi di vita è come se vedessimo una flebile luce che si intensifica per raggiungere la maturazione.

Immaginando di sommare il cervello di tante persone considerate dei “geni” nel campo della fisica, chimica, astronomia, musica etc., otterremo una intelligenza umana inimmaginabile. Allo stesso modo, l’IA di base, formata di algoritmi integrati in un sistema di calcolo dinamico che acquisisce sempre più dati, così come fa il cervello umano, permette di comprendere il proprio ambiente, mettersi in relazione con quello che percepisce e risolvere i problemi, agire verso un obiettivo specifico. In definitiva, i sistemi del’IA ricevono i dati ( preparati e raccolti tramite sensori, come una videocamera) lì processano e risponde.
L’IA, analogamente al cervello, crea i suoi modelli chiamati: “LLM (Large Language Model)” basati su machine learning che funzionano utilizzando una tecnica nota come transformer che consiste nell’utilizzare una rete neurale artificiale per analizzare e comprendere il significato di un testo e arricchirla simulando la mente umana. Per umanizzare la super intelligenza e arricchirla di aspetti cognitivo-emozionale e il controllo degli impulsi, utilizzando la tecnologia del linguaggio approfondito (Deep Learning) così come la mente umana che, attualmente viene definita come l’insieme di attività cerebrali superiori, è necessario che essa diventi visibile alla ricerca scientifica allorquando verrà letta sotto forma di chimica, fisica, biologia e di imaging. Allora, i dati ottenuti verrebbero trasferiti ai modelli chat GPT progettata per simulare il funzionamento del cervello umano, implementata fisicamente, utilizzando componenti elettronici che utilizzano software dedicati. Purtroppo o fortunatamente ciò rimane una utopia o quantomeno una lontana ipotesi. Non da escludere, comunque, considerato quanto è avvenuto in questi ultimi decenni, possiamo prevedere che le conoscenze aumenteranno e forniranno ulteriori dati alle reti neurali artificiali in tutte le direzioni.

PAURA DELL’IA
L’idea che l’IA possa sfuggire al controllo dell’umanità, in realtà sta’ contaminando il vero obiettivo che è quello che ci aiuti a risolvere i problemi.
La nuova rivoluzione tecnologica si differenzia dalle precedenti per essere arrivata molto velocemente per cui richiede un rapido adeguamento. Le innovazioni che continuamente stanno nascendo richiedono un’altrettanta veloce capacità di apprendimento.
Se pensiamo alla diagnostica per immagini come le RMN -TAC – PET, tecnologie sempre più sofisticate che attualmente, oltre all’immagine ci permettono di coglierne l’aspetto funzionale, comprendiamo come l’IA sta accompagnando l’umanità già dagli anni 50.
Attualmente, grazie alle informazioni che l’uomo dà ai modelli di apprendimento automatico come Gen AI, Intelligenza Artificiale Generativa e che si riferisce a modelli di Deep Learning che possono prendere dati grezzi, ad esempio, tutto Wikipedia o le opere di Mozart, ed imparare a generare risultati simili ma non identici ai dati originali, comprendiamo l’entità delle nuove strategie informative.
I modelli generativi sono utilizzati in statistica per analizzare dati numerici. L’avvento del Deep Learning ha reso possibile estenderlo a immagini, suoni sempre più realistici e capiamo, grazie alla Chat GPT, come stiamo avanzando verso una intelligenza artificiale sempre più versatile e complessa. Attualmente eccelle in compiti ristretti e ben definiti. l’AI Generale (AGI) che ha l’abilità di un agente intelligente di apprendere o comprendere qualsiasi compito intellettuale che un essere umano può svolgere, promette di gestire una varietà di compiti e di adattarsi a nuove realtà sempre più complesse molto simili agli esseri umani. Avremo un sistema di diverse AI che lavorino insieme per raggiungere obiettivi complessi. Saremo di fronte ad una fantastica tecnologia che anticiperà di molto ciò che la mente umana impiegherebbe in moltissimo tempo.
Copernico se avesse avuto i modelli dell’IA, ci avrebbe consentito, probabilmente, di vivere su altri pianeti. Essa diventerà sempre più intelligente, grazie alla ricerca scientifica che l’uomo è in grado di produrre, modificare e trasferirne i dati agli algoritmi che diventa sempre più intelligente. Si tratta di un processo ormai inarrestabile.
Mi viene in mente la paura dei giorni passati, quando il coronavirus ha provocato la pandemia. La paura, in realtà, era provocata dalla scarsa conoscenza del virus e, se pensiamo che essi hanno avuto un ruolo centrale ancor prima della diversificazione dei batteri e sono una delle più grandi riserve di diversità genetica, utili anche adesso per la cura di alcuni tumori, quella sensazione di paura diventa fisiologica. L’uomo, purtroppo, reo di aver modificato il loro habitat, ne ha perso l’equilibrio e di conseguenza il controllo, fortunatamente transitorio però, pronti a ricomparire. Parimenti, la paura che l’intelligenza artificiale, allo stato, sconosciuta a molti, che non vuol dire fantascienza ma avere a disposizione strumenti capaci di offrire conoscenze e opportunità in tutti i campi possa sfuggire al controllo dell’umanità, sta nascondendo il vero obiettivo che è quello di risolvere i problemi. La principale paura è quella che l’umanità potrà fare a meno del lavoro In genere, e che le le sue applicazioni possono essere pericolose se mal progettate, utilizzate in modo improprio, come l’uso non regolamentato dell’IA che potrebbe portare ad una perdita di controllo su armi distruttive. Al contrario, può portare a sofisticate tecnologie, per esempio, nel campo medico che consentirà di migliorare la qualità della vita e, forse modificarne quell’inesorabile arco biologico fino a renderlo una linea retta (vivere più a lungo e meglio).

CONCLUSIONE
Bisogna essere ottimisti nei confronti dell’umanità. Tra cinquant’anni, quando l’IA sarà capace, probabilmente, di apprendere da sé e deduce come gli esseri umani, diventerà super e, allora, si spera che l’uomo, reo di non avere capito che vive su un granello di polvere sospeso tra i raggi di sole, un piccolissimo palco nel grande buio cosmico, che consente di riempire fosse comuni di cadaveri e permettere di versare sangue innocente e smetterà di giocare nella giungla, la super intelligenza si integrerà perfettamente all’umanità, poiché la scienza e la tecnologia, sostenute da strumenti AI rivoluzionari, stanno aprendo le porte ad un futuro che fino a poco tempo fa era inimmaginabile.
Siamo nel mezzo di una rivoluzione tecnologica globale che porterà allo sviluppo di nuove tecnologie.

SINTESI
Evidente il parallelismo tra il cervello umano e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. I dati che l’intelligenza umana acquisisce in continuazione, li trasferisce alle machine Learning (IA) che, grazie a potenti algoritmi, possono analizzare grandi quantità di dati in pochi secondi fino a lavorare in autonomia.
La rete neurale artificiale è composta da neuroni formali (al centro sono i bottoni) che sono delle unità sinaptiche computazionali fondamentali, interconnessi e che formano un grafo composto almeno da uno strato di ingresso e un altro di uscita così come si comporta il cervello. Infatti, attraverso gli strati di ingresso che sono rappresentati dagli strati della corteccia cerebrale, i segnali vengono trasmessi attraverso la rete neurale agli organi terminali che permettono il movimento, la vista, l’odorato, il tatto. Le due differenze sostanziali tra il cervello artificiale e quello umano, fermo restando che sono entrambi razionali, solo quello umano è emozionale mentre l’artificiale, non emozionale è sempre più rapido nell’analizzare i dati fino a raggiungere la capacità di lavorare in autonomia. Comunque, al momento, ogni tentativo volto a replicare l’attività umana deve fare i conti con il suo cervello.
Per l’intelligenza artificiale umanizzata è necessario che la psiche che rappresenta gli istinti, l’inconscio, diventi rintracciabile a livello neurofisiologico (utopia?).
Attualmente è possibile tradurre in dati biologici e neurofisiologici solo alcuni aspetti della mente come la memoria, il pensiero, la volontà e la ragione, per cui facilmente vengono trasferiti alle macchine dell’IA permettendo sempre più il suo processo evolutivo.
In definitiva, pur essendo più veloce nell’elaborazione dei dati, l’IA non potrà fare a meno dell’intelligenza umana, almeno per i prossimi anni.


Tommaso Barbiero.

L’intelligenza artificiale rappresenta il futuro, ma forse già il presente.  Di seguito pubblichiamo una riflessione del neurologo Tommaso Barbiero.

La comprensione delle origini dell’intelligenza artificiale è indispensabile la conoscenza semantica del cervello umano.
Grazie a Socrate (VI sec.a.C.) si viene a conoscenza dei primi accenni sul sistema nervoso e sul suo funzionamento. Con Alcmeone da Crotone (VI sec. a.C.) si comincia a parlare di processi percettivi e l’individuazione nel cervello umano come sede dell’intelligenza. Più avanti, Ippocrate di Coo, sviluppò una medicina basata sull’osservazione clinico-semeiologica. Ma la vera rivoluzione scientifica fù con Aristotele, la Scuola Alessandrina (III sec. a.C.), Galeno nello sviluppo della neuroanatomia e neurofisiologia che diedero l’impulso alla progressione e all’evoluzione della scienza. Altri contribuirono alla crescita fino alla fine dell’ottocento-primi del novecento, allorquando Jackson, uno degli artefici dell’evidenza anatomo-patologica rapportata all’osservazione clinica e la correlazione con la biologia molecolare, affermò che il sistema nervoso può essere considerato come il “prodotto organizzato di strutture che si integrano tra di loro in successivi livelli di crescente complessità”. Grandi progressi si sono fatti, grazie alle nuove tecnologie, soprattutto di neuroimaging funzionale (RMN-PET etc.), fino a tracciare una sorta di mappa virtuale e correlarla alle funzioni cognitive.

SVILUPPO DEL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Miliardi di neuroni, contenuti nella sostanza grigia, elaborano, memorizzano le informazioni assieme alla sostanza bianca e ad altre componenti, in particolare le sinapsi che permettono le connessioni nervose per formare un’impalcatura, una rete che definisce l’architettura informativa e che supporta la funzione del cervello. Anche se tutte le connessioni nel cervello hanno la loro importanza, ci sono legami particolari che sono attori principali. In breve, miliardi di filamenti visibili al microscopio elettronico forniscono una immagine paragonabile, semplificando, a quella di un continente visibile di notte dallo spazio.
Al contrario, durante i primi mesi di vita è come se vedessimo una flebile luce che si intensifica per raggiungere la maturazione.

Immaginando di sommare il cervello di tante persone considerate dei “geni” nel campo della fisica, chimica, astronomia, musica etc., otterremo una intelligenza umana inimmaginabile. Allo stesso modo, l’IA di base, formata di algoritmi integrati in un sistema di calcolo dinamico che acquisisce sempre più dati, così come fa il cervello umano, permette di comprendere il proprio ambiente, mettersi in relazione con quello che percepisce e risolvere i problemi, agire verso un obiettivo specifico. In definitiva, i sistemi del’IA ricevono i dati ( preparati e raccolti tramite sensori, come una videocamera) lì processano e risponde.
L’IA, analogamente al cervello, crea i suoi modelli chiamati: “LLM (Large Language Model)” basati su machine learning che funzionano utilizzando una tecnica nota come transformer che consiste nell’utilizzare una rete neurale artificiale per analizzare e comprendere il significato di un testo e arricchirla simulando la mente umana. Per umanizzare la super intelligenza e arricchirla di aspetti cognitivo-emozionale e il controllo degli impulsi, utilizzando la tecnologia del linguaggio approfondito (Deep Learning) così come la mente umana che, attualmente viene definita come l’insieme di attività cerebrali superiori, è necessario che essa diventi visibile alla ricerca scientifica allorquando verrà letta sotto forma di chimica, fisica, biologia e di imaging. Allora, i dati ottenuti verrebbero trasferiti ai modelli chat GPT progettata per simulare il funzionamento del cervello umano, implementata fisicamente, utilizzando componenti elettronici che utilizzano software dedicati. Purtroppo o fortunatamente ciò rimane una utopia o quantomeno una lontana ipotesi. Non da escludere, comunque, considerato quanto è avvenuto in questi ultimi decenni, possiamo prevedere che le conoscenze aumenteranno e forniranno ulteriori dati alle reti neurali artificiali in tutte le direzioni.

PAURA DELL’IA
L’idea che l’IA possa sfuggire al controllo dell’umanità, in realtà sta’ contaminando il vero obiettivo che è quello che ci aiuti a risolvere i problemi.
La nuova rivoluzione tecnologica si differenzia dalle precedenti per essere arrivata molto velocemente per cui richiede un rapido adeguamento. Le innovazioni che continuamente stanno nascendo richiedono un’altrettanta veloce capacità di apprendimento.
Se pensiamo alla diagnostica per immagini come le RMN -TAC – PET, tecnologie sempre più sofisticate che attualmente, oltre all’immagine ci permettono di coglierne l’aspetto funzionale, comprendiamo come l’IA sta accompagnando l’umanità già dagli anni 50.
Attualmente, grazie alle informazioni che l’uomo dà ai modelli di apprendimento automatico come Gen AI, Intelligenza Artificiale Generativa e che si riferisce a modelli di Deep Learning che possono prendere dati grezzi, ad esempio, tutto Wikipedia o le opere di Mozart, ed imparare a generare risultati simili ma non identici ai dati originali, comprendiamo l’entità delle nuove strategie informative.
I modelli generativi sono utilizzati in statistica per analizzare dati numerici. L’avvento del Deep Learning ha reso possibile estenderlo a immagini, suoni sempre più realistici e capiamo, grazie alla Chat GPT, come stiamo avanzando verso una intelligenza artificiale sempre più versatile e complessa. Attualmente eccelle in compiti ristretti e ben definiti. l’AI Generale (AGI) che ha l’abilità di un agente intelligente di apprendere o comprendere qualsiasi compito intellettuale che un essere umano può svolgere, promette di gestire una varietà di compiti e di adattarsi a nuove realtà sempre più complesse molto simili agli esseri umani. Avremo un sistema di diverse AI che lavorino insieme per raggiungere obiettivi complessi. Saremo di fronte ad una fantastica tecnologia che anticiperà di molto ciò che la mente umana impiegherebbe in moltissimo tempo.
Copernico se avesse avuto i modelli dell’IA, ci avrebbe consentito, probabilmente, di vivere su altri pianeti. Essa diventerà sempre più intelligente, grazie alla ricerca scientifica che l’uomo è in grado di produrre, modificare e trasferirne i dati agli algoritmi che diventa sempre più intelligente. Si tratta di un processo ormai inarrestabile.
Mi viene in mente la paura dei giorni passati, quando il coronavirus ha provocato la pandemia. La paura, in realtà, era provocata dalla scarsa conoscenza del virus e, se pensiamo che essi hanno avuto un ruolo centrale ancor prima della diversificazione dei batteri e sono una delle più grandi riserve di diversità genetica, utili anche adesso per la cura di alcuni tumori, quella sensazione di paura diventa fisiologica. L’uomo, purtroppo, reo di aver modificato il loro habitat, ne ha perso l’equilibrio e di conseguenza il controllo, fortunatamente transitorio però, pronti a ricomparire. Parimenti, la paura che l’intelligenza artificiale, allo stato, sconosciuta a molti, che non vuol dire fantascienza ma avere a disposizione strumenti capaci di offrire conoscenze e opportunità in tutti i campi possa sfuggire al controllo dell’umanità, sta nascondendo il vero obiettivo che è quello di risolvere i problemi. La principale paura è quella che l’umanità potrà fare a meno del lavoro In genere, e che le le sue applicazioni possono essere pericolose se mal progettate, utilizzate in modo improprio, come l’uso non regolamentato dell’IA che potrebbe portare ad una perdita di controllo su armi distruttive. Al contrario, può portare a sofisticate tecnologie, per esempio, nel campo medico che consentirà di migliorare la qualità della vita e, forse modificarne quell’inesorabile arco biologico fino a renderlo una linea retta (vivere più a lungo e meglio).

CONCLUSIONE
Bisogna essere ottimisti nei confronti dell’umanità. Tra cinquant’anni, quando l’IA sarà capace, probabilmente, di apprendere da sé e deduce come gli esseri umani, diventerà super e, allora, si spera che l’uomo, reo di non avere capito che vive su un granello di polvere sospeso tra i raggi di sole, un piccolissimo palco nel grande buio cosmico, che consente di riempire fosse comuni di cadaveri e permettere di versare sangue innocente e smetterà di giocare nella giungla, la super intelligenza si integrerà perfettamente all’umanità, poiché la scienza e la tecnologia, sostenute da strumenti AI rivoluzionari, stanno aprendo le porte ad un futuro che fino a poco tempo fa era inimmaginabile.
Siamo nel mezzo di una rivoluzione tecnologica globale che porterà allo sviluppo di nuove tecnologie.

SINTESI
Evidente il parallelismo tra il cervello umano e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. I dati che l’intelligenza umana acquisisce in continuazione, li trasferisce alle machine Learning (IA) che, grazie a potenti algoritmi, possono analizzare grandi quantità di dati in pochi secondi fino a lavorare in autonomia.
La rete neurale artificiale è composta da neuroni formali (al centro sono i bottoni) che sono delle unità sinaptiche computazionali fondamentali, interconnessi e che formano un grafo composto almeno da uno strato di ingresso e un altro di uscita così come si comporta il cervello. Infatti, attraverso gli strati di ingresso che sono rappresentati dagli strati della corteccia cerebrale, i segnali vengono trasmessi attraverso la rete neurale agli organi terminali che permettono il movimento, la vista, l’odorato, il tatto. Le due differenze sostanziali tra il cervello artificiale e quello umano, fermo restando che sono entrambi razionali, solo quello umano è emozionale mentre l’artificiale, non emozionale è sempre più rapido nell’analizzare i dati fino a raggiungere la capacità di lavorare in autonomia. Comunque, al momento, ogni tentativo volto a replicare l’attività umana deve fare i conti con il suo cervello.
Per l’intelligenza artificiale umanizzata è necessario che la psiche che rappresenta gli istinti, l’inconscio, diventi rintracciabile a livello neurofisiologico (utopia?).
Attualmente è possibile tradurre in dati biologici e neurofisiologici solo alcuni aspetti della mente come la memoria, il pensiero, la volontà e la ragione, per cui facilmente vengono trasferiti alle macchine dell’IA permettendo sempre più il suo processo evolutivo.
In definitiva, pur essendo più veloce nell’elaborazione dei dati, l’IA non potrà fare a meno dell’intelligenza umana, almeno per i prossimi anni.


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